giovedì 1 gennaio 1981

Domenico Grenci, Pipe di Calabria

(Da "Amici della Pipa", Anno V - n. 1 gennaio-febbraio 1982, p. 42)

In paesi come i nostri, ad economia prevalentemente contadina, l'artigianato ha sempre goduto di un particolare prestigio e di una collocazione ben precisa nella gerarchia socio-economica calabrese. Tradizionalmente l'artigiano era sempre stato colui che il proprio lavoro rendeva libero dai legami che vincolavano il contadino alla terra (e quasi sempre anche al padrone della terra).
Era pertanto ritenuto un privilegio la possibilità di mettere un figlio a bottega presso un artigiano; significava renderlo indipendente, libero dalla terra. «U Mastru» (il Maestro), dopo il padre era la persona che più contava nella vita di un ragazzo e «u discipulu» (il discepolo, l'apprendista) gli portava rispetto, gli doveva obbedienza, gli si legava con un vincolo di dipendenza-devozione e quasi sempre di affetto profondo e duraturo.